Cucina Vitale

Autunno in montagna: i funghi e il foraging gourmet

Erbe selvatiche, bacche, rarità vegetali: considerato una tendenza culinaria contemporanea, il foraging è più comune di quanto si possa pensare.

Sdoganato dalla cucina nordica e attualmente sul podio della gastronomia internazionale più ricercata, il foraging ha fatto di licheni, fiori e cortecce, gli ingredienti dell’alta cucina, andando incontro alla nuova mentalità diffusa, segnata da un momento di rottura col passato e orientata alla salute e alla sostenibilità.

Ci dimentichiamo però che le nonne e le cuoche dell’Italia di qualche decennio fa, andavano per campi e boschi in cerca di ingredienti selvatici da mettere in tavola: rughetta, cicoria selvatica, tarassaco, acetosella… Fino al Diciannovesimo secolo si stima che il 70-80% di ciò che veniva messo in tavola era di provenienza spontanea e selvatica: era gratuito, salubre e l’atto del “raccogliere” non esigeva competenze, né strumenti particolari. Addirittura, nelle famiglie contadine, la merce coltivata veniva riservata alla vendita, mentre il raccolto naturale e spontaneo della terra diventava il pasto. Forse è più complicato parlare di “alimurgia”, ma ci basta tenere a mente che questo è un termine già da tempo fornito dalla lingua italiana: l’utilità di cibarsi di piante selvatiche edibili, soprattutto in tempi di carestie o semplicemente per scopi salutistici.

E se oggi le varie tribù e subculture gourmet faticano a convergere su una cucina totalmente green, c’è un raccolto del foraging molto ambito che mette tutti d’accordo: i funghi.

Da soli, come contorno, trifolati, fritti, grigliati, in una salsa, in un’insalata, a condire una pasta o un risotto: i funghi insaporiscono e ingolosiscono ogni pianto, risolvendo il gap gustativo tra vegetariani e non.

Battere il sottobosco alla ricerca di funghi nelle Dolomiti è una spedizione che può garantire un lauto bottino: i porcini, ad esempio, senza dubbio i funghi più apprezzati, si trovano facilmente tra boschi di conifere e latifoglie, a un’altitudine dai 500-600 metri in su, preferibilmente sotto a querce, castagni e faggi. Ottobre peraltro è un periodo ideale per la raccolta. Finferli, chiodini e sanguinelli fra gli altri, rappresentano un importantissimo patrimonio naturalistico per gli abitanti delle regioni dolomitiche.

Al ristorante Grual di Lefay Resort & SPA Dolomiti, i funghi accompagnano il pesce di fiume: l’executive Chef Matteo Maenza ha creato il piatto “Salmerino alpino, funghi e lattuga”, presente in entrambi i percorsi degustazione “Il Sentiero” e “La Cima”. E ancora, patate, rape, nocciole, timo e rosa canina: questi e altri sono gli elementi declinati nel menù altimetrico che segue l’andamento delle stagioni.

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